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Dotgirl

I GIOIELLI DISEGNATI DA GIANFRANCO FERRÈ ESPOSTI A TORINO

22 Settembre 2017 da Bimbi

Presentata lo scorso 15 settembre, presso la Fondazione Gianfranco Ferrè di Milano, la mostra Gianfranco Ferrè. Sotto un’altra luce: gioielli e ornamenti. Pensata e prodotta insieme alla Fondazione Torino Musei, la mostra sarà visitabile a partire dal 12 ottobre a Torino presso la Sala del Senato di Palazzo Madama, fino al 19 febbraio 2018.

Esposti duecento oggetti-gioiello disegnati dallo stilista milanese per le collezioni della sua maison che hanno sfilato dal 1980 al 2007 (anno della sua scomparsa). In mostra anche alcune delle sue creazioni più rappresentative, quelle in cui il gioiello assurge a componente costituente dell’abito (significativo, a tal proposito, è l’esordio di Ferrè nel mondo della moda dopo la laurea al Politecnico di Milano come disegnatore di gioielli).

Per Ferrè, infatti, il gioiello non è unicamente l’accessorio o il giusto completamento dell’abbigliamento di una donna, ma è proprio l’elemento sostanziale e qualificante dell’abito, la sua vera e propria anima («[…] spesso il gioiello è completamento del capo e suo accessorio, qualche volta persino necessario, è un dettaglio d’effetto; in alcuni casi, invece, è proprio la materia-gioiello a inventare e costituire l’abito, diventandone sostanza e anima», G. Ferrè).

Il bijoux, dunque, rientra in quell’idea di progettualità perseguita dallo stilista milanese, dove ogni componente della “mise” partecipa ad un tutto osmotico e non ad una giustapposizione di parti. Il gioiello non è creato per abbellire e arricchire un abito, ma entrambi sono frutto di un’idea e concorrono alla sua realizzazione.

Ferrè concepiva le proprie creazioni come delle vere e proprie “strutture da indossare”, a volte articolate in una complessità di volumi di chiara ascendenza progettuale. Tuttavia, ciò che determinava tale complessità era sempre l’esigenza di enfatizzare l’armonia delle forme femminili e, non ultimo, di riflettere il carattere e la rappresentazione di ciò che la donna vuole essere. Tutto questo non poteva prescindere da una varietà di idee concettuali che infondeva nei suoi abiti. Anche il gioiello rientrava a pieno titolo in questo processo creativo: nel contesto dell’ “abito- struttura” il bijoux rappresenta per Ferrè la vera “chiave di volta” di molte delle sue creazioni. Si pensi solo alla funzione delle cinture – elementi funzionali con cui Ferrè metteva in evidenza il punto vita – a volte arricchite da “punti” gioiello (come in uno splendido completo bianco presentato nella collezione primavera/estate 1982, in cui ad un audace scollo a “V” rispondevano, come in un eco, due gioielli a forma di piramide capovolta appuntati sul lato destro di una cintura “ton sur tone”), altre volte veri e propri gioielli.

Questo giustifica oltretutto la varietà di forme e stilemi scelti di volta in volta dallo stilista peri suoi gioielli: si va da barocchismi opulenti e sontuosi eclettismi, passando per forme vagamente liberty o déco, fino a minimalismi che lambiscono il tribale. Ferrè attingeva al ricco catalogo della tradizione, che sottoponeva a fantasiose rielaborazioni, alla ricerca di quella forma plastica più adatta all’idea concettuale di donna che voleva di volta in volta rappresentare. Medesima cosa si può dire a proposito della costante ricerca dei materiali – pietre, metalli, smalti, conchiglie, legni dipinti, vetri di Murano, ceramiche, cristalli di Swarovski, cuoio, rame, ecc. – la cui attenzione non era minore di quella dedicata ai tessuti.

«Nel mio processo di elaborazione creativa, anche quando è applicato all’oggetto-gioiello, si manifesta una grande passione per la ricerca. E’ nella mia natura partire dalla preziosità autentica, dall’appeal senza tempo insito nel riverbero dei metalli nobili, nei riflessi incantati delle pietre dure, nei bagliori magici del cristallo più puro. E’ una dichiarazione d’amore, fedele e mai dimenticata, per tutto ciò che è scritto nel DNA del lusso autentico. A questo si affianca il gusto, in me ugualmente innato, per la sperimentazione che si esprime, per esempio, nella reinterpretazione di materie ‘povere’, storicamente estranee alla cultura del gioiello, come la paglia, la rafia, il legno, il cuoio, la rete. Oppure dei materiali figli della cultura industriale, come l’intera gamma dei metalli – dal ferro da fonderia, al rame, al bronzo – o il plexiglas, la resina, o ancora la pasta di vetro. Materie, che per me sono fondamentali per conferire al lusso una connotazione nuova, più articolata e fluida, più sfumata, più ricca e stimolante» (G. Ferrè).

Domenico Raimondi Lo Presti

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DONNE PROTAGONISTE NEL NOVECENTO

29 Gennaio 2017 da Bimbi

Donne protagoniste nel Novecento

Abito da cocktail, part. (1949-1950; Emilio Schubert – provenienza Antonella Cannavò Florio)

 

Per il suo programma triennale di esposizione a rotazione dal suo immenso patrimonio attraverso una accurata selezione di pregiati manufatti, il Museo della Moda e del Costume di Firenze ha scelto una mostra dal titolo Donne protagoniste nel Novecento. Inaugurata nell’autunno del 2013, in occasione del trentennale del museo, l’esposizione rimarrà aperta ancora fino al mese di maggio 2017.
La mostra presenta nelle sue sale un compendio storico della moda a cavallo tra la fine dell’Ottocento e tutto il Novecento e oltre, attraverso il punto di vista di donne che quella moda hanno creato e indossato: stiliste e creatrici di gioielli, donne protagoniste delle scene teatrali e culturali, signore dell’élite e della mondanità italiana ma per sensibilità proiettate verso un gusto internazionale.
Il percorso espositivo parte dalla messa a fuoco su Rosa Genoni (1869-1954), grande e intelligente fondatrice della moda e del gusto italiano. Attiva in politica e nei programmi di formazione professionale nell’ambito della sartoria, la Genoni ha contribuito a svincolare la moda italiana dalla deferenza al gusto francese. La sua ricerca per una moda puramente italiana partì dallo studio delle arti figurative con l’obiettivo di recuperare le radici del gusto italico. In mostra è possibile ammirare il manto Pisanello (1906) – in velluto verde chiaro e raso color oro antico – libera reinterpretazione della veste di dama raffigurata in un disegno di Pisanello Cavaliere e dama (1433-1438; Musée Condé, Chantilly) e l’abito da sera Primavera (1906) ispirato alla veste di Flora nella celeberrima Primavera (1482 circa; Galleria degli Uffizi, Firenze).

Manto da corte Pisanello (1906; Rosa Genoni). Pisanello, Dama e cavaliere (disegno preparatorio, 1433-1438; Musée Condé, Chantilly).

 

Di Eleonora Duse (1858-1924) sono esposte delle splendide tuniche usate come “robe de chambre” (“veste da camera”), preziose creazioni di Mariano Fortuny. Sono esempi magnifici della tipica foggia creata dall’artista/stilista spagnolo attivo a Venezia denotate da una elegante semplicità e linearità di forme. Preziosi, inoltre, i tessuti realizzati dalle prestigiose seterie veneziane e stampate con decori disegnati da Fortuny stesso.

Appartenevano invece alla nobildonna siciliana Franca Florio (1873-1950) – di cui il Museo della Moda e del Costume di Firenze conserva l’intero guardaroba – protagonista della vita mondana europea della Belle Èpoque e nota per la sua bellezza e la sua eleganza – decantata anche da Gabriele D’Annunzio – un manto di corte in velluto blu (1925-1930), dono della regina Elena di cui Donna Franca era dama di corte, e lo splendido abito da cerimonia in velluto nero di seta lavorato ad intaglio su fondo di raso color carne (1900-1901) con il quale venne ritratta da Giovanni Boldini nel 1914 (nel dipinto l’abito è rappresentato privo della pettorina che ricopriva lo scollo e che rendeva l’abito adatto a diverse occasioni).

Abito da cerimonia (1900-1901; manifattura napoletana o palermitana; provenienza Donna Franca Florio).

 

Giovanni Boldini, Ritratto di Franca Florio (olio su tela, 1914; Grand Hotel Villa Igea, Palermo).

 

Di un’altra nobildonna di origini siciliane ma romana di adozione Antonella Cannavò Florio – celebre pianista, moglie del console di Thailandia Emilio Florio e personaggio indiscusso della mondanità romana degli anni Cinquanta – sono in mostra gli abiti da sera creati per lei dal couturier romano Emilio Schuberth, contraddistinti dalla ripresa delle ampie gonne rette da crinoline di gusto squisitamente romantico, e dai decori con merletti, perline e inserti floreali dipinti direttamente sul tessuto o applicati all’abito.

La sezione dedicata alla nota giornalista e collezionista di moda Anna Piaggi (1931-2012) illustra il suo gusto eccentrico e ricercato. Inventrice del ‘vintage’ quando ancora questo non era di moda, la Piaggi era abilissima nell’abbinare capi recuperati nei mercati antiquari e di stile diverso con abiti dalla foggia moderna. In mostra alcuni splendidi mantelli confezionati dal celebre couturier parigino Paul Poiret (datati 1911-1915 e 1920) e un magnifico abito da sera in raso di seta rosso ciclamino di Elsa Schiapparelli del 1936-1937.

Manto (1920; Paul Poiret; provenienza Anna Piaggi).

 

Anna Piaggi

 

Di Anna Rontani (1924-2011), scrittrice e personaggio di rilievo nell’ambiente intellettuale fiorentino, sono in mostra numerosi pezzi del suo elegante e raffinatissimo guardaroba. La Rontani si avvaleva della competenza artigianale di note sartorie italiane, prime fra tutte la Sartoria Sargentini di Viareggio (a cui commissionava la creazione di capi su modelli di stilisti parigini, con grande cura nella scelta dei tessuti sempre di primissima qualità e pregio) e quella di Elda Pavan, titolare di una celebre boutique milanese di alta moda. Successivamente si rivolse alla ‘haute couture’, divenendo cliente abituale delle più prestigiose maisons italiane, come Renato Balestra, Loris Azzaro e Jole Veneziani. Dall’atelier di quest’ultima proviene un superbo completo da sera – soprabito e abito abbinati – del 1964.

Completo da sera: abito e soprabito (1964; Jole Veneziani; provenienza Anna Rontani).

 

Abito da sera (1987; Gucci; provenienza Patty Pravo).

 

Di importanza storica per il costume e lo spettacolo musicale italiano gli abiti donati da Patty Pravo, ognuno dei quali legato ad alcune tappe fondamentali della carriera della cantautrice italiana. Sono esposti un abito da sera in “oroton” (maglia metallica) disegnato da Gianni Versace per l’apparizione della Pravo in una delle serate del Festival di Sanremo del 1984 (in cui era in concorso con il brano Per una bambola); due abiti da sera di Gucci indossati dalla cantante al Festival di Sanremo del 1987, nel quale si esibì con il pezzo Pigramente signora; un completo da sera disegnato da Roberto Cavalli (portato dall’artista per l’edizione 2002 del Festival di Sanremo, durante il quale presentò il singolo L’immenso).

Abito da sera (1984; Gianni Versace; provenienza Patty Pravo).

 

Patty Pravo al Festival di Sanremo nel 1984.

 

E poi ancora abiti da sera e di scena di Maria Cumani Quasimodo (1908-1995), attrice, danzatrice e poetessa, moglie e musa ispiratrice di Salvatore Quasimodo; gli abiti impreziositi dalle coloratissime fantasie floreali create da Susan Nevelson (1924-2015) per il noto marchio Ken Scott; gli abiti da sera di Prada, Yves Saint Laurent, Nina Ricci e Comme des Garçon donati da Cecilia Matteucci Lavarini, figura di spicco della vita mondana e intellettuale internazionale; le creazioni iridescenti di Lietta Cavalli, sorella del più noto Roberto Cavalli.
Completano il percorso espositivo la sezione Donne protagoniste per un giorno, dedicata agli abiti da sposa, e la sezione rivolta ai gioielli con una selezione di monili realizzati dalle note creatrici di gioielli Flora Wiechmann Savioli – che utilizza lamine d’argento grezzo, metallo e giunti meccanici – e Angela Caputi, i cui bijoux sono realizzati in resina acrilica trasparente o da colori vivaci. Completa questa sezione l’Atelier Rwanda, un collettivo di donne del Rwanda che coltivano ancora l’antica pratica artigianale di intrecciare fibre naturali realizzando ‘patterns’ utilizzati successivamente – attraverso l’inserimento di strutture modellanti – per il confezionamento di anelli, bracciali e collane.

Domenico Lo Presti Raimondi
(mostra visitata il 02/11/2016)

Donne protagoniste nel Novecento
Palazzina della Meridiana, Palazzo Pitti, Firenze
fino al 31/05/2017; da lun. a dom. h. 08:15/16:30 (fino al mese di febbraio), h. 08:15/17:30 (nel mese di marzo; con ora legale fino alle h. 18:30), h. 08:30/18:30 (nel mese di maggio).

Archiviato in:Arte&Moda Contrassegnato con: Anna Piaggi, ARTE E MODA, Comme des Garçon, Domenico Lo Presti, DONNE PROTAGONISTE NEL 900, Elsa Schiaparelli, Gucci, Haute Couture, Ken Scott, moda, mostra, MOSTRA A FIRENZE, MUSEO DELLA MODA E DEL COSTUME DI FIRENZE, Patty Pravo, Roberto Cavalli, YVES SAINT LAURENT

L’ETERNO FEMMININO DELLA NATURA

2 Settembre 2015 da Bimbi

L’incanto del paesaggio mediterraneo, declinato paradigmaticamente nel fascino di una terra dalla storia millenaria: la Sicilia; un luogo in cui tutti gli elementi naturali – acqua, aria, terra e fuoco – concorrono armoniosamente a creare un ambiente naturale unico; il fascino magico di un’isola a tratti misteriosa, e tuttavia familiare nell’immaginario di chi ha fatto di essa fonte d’ispirazione, tòpos dell’anima e dello spirito. 

L’ispirazione è quella di una donna che della bellezza della Natura si nutre facendone parte, come in un tutt’uno inscindibile e tuttavia specificabile; una femminilità che trae linfa dai flussi vitali del cosmo, vivendo in esso come in uno spazio conforme alla sua essenza. Si propone una donna che è partecipe della Natura, ma senza stupirsene, anzi dilettandosi voluttuosamente come una Venus ancestrale, primordiale.

La veste un abito interamente costituito da vari strati di tulle sovrapposti, che creano un volume vaporoso, come di spuma marina. Il colore è rigorosamente il bianco, a indicarne la purezza e la compartecipazione ad una luce satura e mediterranea

Complemento essenziale e caratterizzante è un corpetto/corazza in ceramica smaltata, ancora una volta di colore bianco, ton sur ton con l’abito. Citazione puntuale di un fare artigiano e di un materiale – la terracotta – che dalla terra, dall’acqua e dal sole trae la sua ragione d’essere.

Il top in ceramica – prodotto esemplare della più alta tradizione ceramica siciliana – riproduce l’iconografia tradizionale isolana del Sole. Un candore ancestrale, quindi, che si piega però ai propositi fecondativi dei feraci raggi solari, al desiderio maschile (il Sole ha una spiccata valenza maschile sia nell’esoterismo occidentale che nella mistica orientale), portandone addosso il vessillo.

Una raffigurazione che ha anche un significato ambivalente, perché la sua espressione grottesca, da mascherone teatrale, fa di esso uno strumento apotropaico, teso ad allontanare le forze ostili e difendere l’immutata bellezza dell’eterno femminino.

Una scogliera brulla, di tagliente pietra lavica; una flora lussureggiante che puntella sciare a trabocco sul mare; basalti millenari – frutto delle secolari eruzioni dell’Etna – che offrono le loro fenditure a rigogliose e pervicaci euforbie arboree.

Infine il mare – e con esso il riflesso di un cielo quasi sempre terso, di una luce smorzata dai flutti marini e tuttavia abbacinante – a lambire con le sue acque la costa che dalla Riviera dei Ciclopi si estende alla Riviera dei Limoni.

Tutto questo ci offre lo spunto per una riflessione sulla forza prorompente di Madre Natura – la Gea dei Greci – sul suo vigore prolifico, sulla sua fertilità, e ci suggerisce immediatamente l’idea di femminilità prorompente e opulenta.

Domenico Lo Presti

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Abito MAURIZIO FRAGALÀ MASSIMO FICHERA -MF ARTCREATOR-

Acconciatura KSENIA KOZLOVA

Testo DOMENICO LO PRESTI

Photo MAURIZIO FRAGALÀ

Archiviato in:SpecialLook Contrassegnato con: Domenico Lo Presti, Ksenia Kozlova, Massimo Fichera, Maurizio Fragalà, Santa Tecla, Sicilia

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